sabato 30 novembre 2013

“MIGRAZIONI DI POPOLI E NUOVI CONFRONTI SUL PIANO DEL DIALOGO TRA MONOTEISMI MEDITERRANEI”



 
MIGRAZIONI DI POPOLI E NUOVI CONFRONTI SUL
PIANO DEL DIALOGO 
TRA MONOTEISMI
MEDITERRANEI”

1. L’epoca delle Migrazioni di massa. E’ un chiaro segno dei tempi questa serie di movimenti d’individui in gran numero, in numero tale che davvero si possono chiamare “migrazioni” per cui questa stagione della storia si può denotare come la stagione storica delle migrazioni di popoli, come nella fase finale dell’Impero romano, naturalmente con differenza molto grandi e sostanziali, però. Questo processo ha senza dubbio alterato, ed ancor più altererà, sia la composizione sia la qualità delle società interessate, tanto quelle di partenza quanto quelle di arrivo. Si pensa sempre di solito alle società d’arrivo ma pure quelle di partenza sono pesantemente modificate dal fenomeno.
La prima osservazione che si può fare è che questo processo si attua in prevalenza dai paesi poveri a quelli ricchi, da quelli del Sud e dell’Est – parzialmente – del mondo a quelli del Nord e dell’Ovest. E’ il senso inverso della fase del colonialismo, che da Ovest e Nord andò a Est e Sud.
La seconda osservazione riguarda cos’è il fascismo. Sbagliatissimo confonderlo con il militarismo degli anni Trenta del secolo scorso, dove la caratteristica militaristica era propria sia dei regimi fascisti sia di quelli comunisti, e, dunque, non ci consente né di caratterizzare il fascismo – o una sorta di “proto-fascismo” – né il suo attuale ritornare, con ed in forme molto ma molto diverse da quelle degli anni Trenta e dunque gli oppositori di tale crescente tendenza si trovano a non sapere, letteralmente, che pesci pigliare, come suol dirsi. Possiamo definire il fascismo come la tendenza a costruire delle comunità chiuse, dei gruppi chiusi, e, in tal senso, si tratta di un nazionalismo portato alle sue conseguenze estreme. E’ dunque un’ideologia “particolarista” mentre il comunismo, almeno tendenzialmente, è un’ideologia “universalista”, che vedeva la salvezza dell’umanità nella fine o almeno nel controllo della proprietà privata dei mezzi di produzione. Ripeto, il problema della violenza nella politica, o dell’uso politico della violenza, è un altro problema. Anche il capitalismo ed il liberismo l’hanno usata, e non solo nel Sud America del XX secolo, si ricordi il “Bloody Code”, il codice di sangue della prima parte dell’Ottocento inglese, dove chiunque, lavoratore, attentasse alla proprietà dei mezzi di produzione poteva essere fucilato senza mezzi termini. Solo quando la classe lavoratrice e gli artigiani giunsero ad accettare, volenti o nolenti, la svolta capitalistica quel codice fu sempre più moderato. Sgradevole dirlo, ma la violenza ha sempre fatto parte della politica, in modi espliciti o impliciti.
La realtà vera è che le civiltà si sono sì combattute, ma si sono anche influenzate, più o meno fermamente. L’idea di civiltà come gruppi chiusi non è comprovata dalla storia. Vero è che ognuna, pur accettando influssi esterni, li ha sempre saputi accogliere nel suo modello, per così dire “tradurre” quasi fossero un’altra lingua, ma ciò non toglie che pensare alle relazioni tra civiltà come sempre e necessariamente di lotta e contrasto è riduttivo.
Quindi, la risposta che, in un modo o nell’altro, si attua nei paesi ricchi, che coincidono in gran parte – ma non solo – con l’Occidente (il Giappone non è in alcun modo un paese occidentale nelle sue strutture profonde) è quella di chiudersi, paradossalmente però avendo bisogno delle forze che giungono dall’esterno. Direi di più: provocandole, chiamandole. Quindi c’è questa contraddizione davvero esplosiva nella situazione attuale del mondo, ma, d’altro canto, l’ideologia del dialogo è debole per natura, è un succedaneo che ha preso il posto dell’ideologia universalistica senza però averne né la forza né, tantomeno, il fascino. Perché un’ideologia senza fascino è come una di queste famose attrici senza il trucco, manca dell’attrattiva. Un’ideologia, infatti, si diffonde al di là ed oltre del suo contenuto di “verità” e, difatti, spesso si applica un’ideologia fascinosa ma che non ha che ben poco rapporto con la natura delle cose. La gran parte delle cose che oggi sentiamo si caratterizzano per quest’inefficacia profonda. Respingere tutti gli immigrati non si può, ma nemmeno accoglierli tutti. E dunque? Da queste brevi osservazioni si evince un quadro ideologico che non funziona perché sottace tanti altri aspetti che però esistono.
Fra questi, senza nessun dubbio, vi è la dimensione religiosa, perché, dopo queste osservazioni generali, ci si confronterà con il tema della migrazione di popoli oggi dal punto di vista religioso, che poi è quello che qui c’interessa.
La questione di fondo, difficile d’affrontare, è questa: è interesse pratico degli uomini dialogare per cercare una miglior comprensione, però il punto vero è che noi le religioni le ereditiamo, con i loro aspetti positivi tanto quanto con quelli negativi. Sono questi ultimi il problema, ed essendo ereditati, non sono facilmente modificabili. Si giunge, così, con un insieme d’idee non adatto alla situazione concreta, a dover necessariamente affrontare quest’ultima.
Veniamo allo svolgimento storico della divergenza tra monoteismi che sta dietro, non nell’apparenza, a tutta la questione dell’immigrazione, e che non si vuol vedere. Per lo meno, non si vede molto chiaramente questo problema nel senso che non appare. Poi, passeremo attraverso la fase medioevale, brevemente perché non si può se non sunteggiare degli argomenti così complessi sui quali sarebbe opportuno ritornare, per giungere ai nostri tempi. In base alla situazione com’è oggi, allora si tratterà del tema del dialogo, che non può essere mero “bon ton” e buona educazione e, allo stesso tempo, non può neppur essere una mera mescolanza, una “notte in cui tutte le vacche sono nere” perché le vacche hanno colori diversi, tanto per fare una battuta.
Il problema di fondo è che la natura stessa delle religioni cristiana ed islamica è differente1. Inoltre, le stesse modalità per mezzo delle quali le due religioni son giunte ad imporsi come forze storiche fondamentali sono diverse. Mentre il Cristianesimo si è imposto lentamente, attraverso un’operazione tutto sommato “culturale” lato sensu intesa, per, poi, giungere a controllare il potere, l’Islamismo, al contrario, nasce come stato, sin dall’inizio. La dimensione politico-sociale è connaturata alla religione islamica come nessun’altra. Diversa, poi, la condizione del Giudaismo, che, diversamente da Cristianesimo ed Islamismo, stavolta considerati assieme, si limita ad un popolo particolare, pur permettendo ai “timorati d’Iddio” una forma minore d’appartenenza alla comunità giudaica. Dunque: Giudaismo “particolarista” ed Islamismo e Cristianesimo “universalistici”, ma quanto diversi, nelle modalità, questi ultimi due!
Su tale differenza “fondante” si sono, poi, andate a compattare tante differenze storiche, che si sono sedimentate su quella originaria. Di conseguenza, in effetti solo in tempi assai recenti l’Islamismo si può considerare come “opzione personale”, nella realtà storica ciò non è mai avvenuto. Qui, al contrario, Giudaismo e Cristianesimo si riuniscono, mentre qui è l’Islamismo che si differenzia profondamente dalle altre due forme di monoteismo. “Il fatto culturale (…), tanto nel Giudaismo quanto nel Cristianesimo, rimane di competenza della comunità, che esprime al suo interno una categoria di persone a questo destinate. Perché l’Islàm venga considerato, in ambito musulmano, un’opzione personale, bisogna arrivare alla Turchia di Atatürk, che fissa limiti tra stato e religione, e più generalmente tra sacro e profano, senza che tuttavia la Turchina odierna si presenti in ciò con caratteristiche vistosamente diversa dagli altri paesi islamici (…). La ragione d’esistere dell’Islàm consiste esclusivamente nella realizzazione d’uno stato islamico che, secondo quanto si è detto, si strutturi in un modo piuttosto che un altro, ed esplichi così sulla terra l’ordine ed il logos divino”2. Questa differenza ha un valore decisivo, perché, su questa base, è chiaro che non vi possono essere due autorità, seppur una subordinata all’altra, non vi può essere un diritto statale come cosa separata. Non esiste il “Date a Dio quel ch’è di Dio ed a Cesare quel ch’è di Cesare” secondo il noto adagio evangelico. E’ una differenza che pone un macigno nelle relazioni religiose. Certo, le correnti moderne ultime dell’Islamismo han tentato di porre un limite a tutto ciò, ma, nell’insieme, il loro progetto è rimasto parte della borghesia di quei luoghi, sostanzialmente incapace di diffondere il suo messaggio alle maggioranze diseredate e, al tempo stesso, deboli nei confronti del potere. Sempre trattando di tali correnti “riformistiche” lato sensu intese, la tendenza alla riscoperta dei dati coranici è importante laddove si pone attenzione alla natura della religione islamica ed al fatto che lo stato islamico originario era naturalmente plurireligioso. E questo è un punto decisivo, sostanzialmente andato perduto nel successivo sviluppo storico di questa religione. “Plurireligioso” non vuol dire “multiculturalista”, laddove il multiculturalismo accetta tutto perché indifferente a tutto, ma vuol dire che, ognuno rimanendo se stesso, pure s’interagisce, quindi si comunica, dunque si cambia.

2. Crociate. A questo punto, occorre dire qual è il contributo delle Crociate a tutto ciò. Se la causa remota è ben più antica, la fase delle Crociate è sopravvalutata, come conseguenze nei confronti di ciò che si è convenuto chiamare “incomprensione” tra Occidente ed Islàm. Come stanno le cose? Stanno così: le conseguenze politiche della stagione delle Crociate sono state grosse, ma l’incomprensione esisteva già da molto tempo prima, senza contare che quella stagione portò con sé anche molti stimoli culturali senz’alcun dubbio positivi. Sebbene dal punto di vista religioso vi fosse competizione, non era così da quello culturale. Il cavaliere che andava in Medio Oriente sostanzialmente aveva in comune con il combattente islamico una certa concezione della cavalleria, tant’è che l’arte dell’araldica ebbe un nuovo impulso in quell’epoca e non sarebbe oggi ciò ch’essa è, con quei colori, senza l’influsso islamico. Ma che dire del campo filosofico? Beh, lì l’influsso fu fortissimo. Occorre, dunque, sfumare il giudizio su quell’epoca.
Le Crociate, poi, costituirono una sorta di risposta occidentale all’espansione islamica, che aveva toccato persino il continente europeo, attraverso l’invasione – massiccia – della Spagna [rimando all’immagine n°1, Islamici che invadono la Spagna], e quella, invece più a fasi e correnti, della Sicilia. Quest’ultima invasione, però, non doveva essere, dal punto di vista culturale, meno importante dell’altra, perché, se in Spagna l’influsso sarà soprattutto politico-filosofico, in Sicilia – oltre alle inevitabili conseguenze politiche – vi sarà un’influenza di tipo culturale lato sensu intesa, che si eserciterà sul gusto anche del cibo per esempio, sull’arte dei giardini, e via dicendo. Tante cose che noi giudichiamo “europee” o “mediterranee” oggi non lo erano in quei tempi e si sono stabilite massicciamente nell’Italia del Sud, e da questa diffuse all’Europa, solo per mezzo della conquista sicula. Qui è concesso solo accennare brevemente a questi temi.
Allora, fuor di dubbio che le Crociate abbiano questa caratteristica dell’Occidente che invade, militarmente, l’Oriente, fuor di dubbio che questo, in termini storici più lontani, abbia alterato le relazioni tra Islamismo e Cristianesimo, ma le Crociate furono qualcosa di assai più complesso. Difatti, una parte della forza delle Crociate fu scaricata sull’Impero Bizantino, così, di fatto, indebolendolo ed aprendo la porta alla seguente ondata turca che, dall’Asia Centrale, si andò indirizzando verso il Mediterraneo. Senza contare le Crociate per la conquista dei Paesi baltici, quella contro gli Albigesi. Insomma, il fenomeno delle Crociate è più complesso di quanto non sembri, per quanto – semplificando – qui si prende in considerazione solo il suo aspetto storico generale di Occidente cristiano contro Oriente islamico.
Quanto alle atrocità dei Crociati, non furono certo i soli a commetterle, per esempio le truppe turche erano famose per questo [figura n°6, Ingresso trionfale di Tamerlano a Samarcanda. Tamerlano ebbe un ruolo importantissimo, poiché fu solo grazie a lui che l’Impero Bizantino continuò per del tempo ancora, Tamerlano, infatti, sul quale Franco Cardini ha scritto un libro divulgativo interessante, combatté contro Bayazìd la Folgore, che stava prendendo Costantinopoli]
Un posto a parte vi ha Federico II di Svevia. Perché il suo caso dimostra precisamente la tesi di fondo: nonostante le lotte vi fu un travaso culturale importantissimo e notevole, che avrebbe modificato per sempre la civiltà dell’Occidente medioevale. Federico II partecipò a due Crociate, quella nell’est Europa, con l’istituzione dell’Ordine teutonico, e quella a Gerusalemme.
[immagine n°3, cavalieri teutonici, sviluppare a voce brevemente la storia di quest’Ordine]
[immagine n°4, Federico II e il Sultàn di Gerusalemme al-Kàmil, sviluppare le circostanze della Crociata dello “scomunicato” imperatore]
In realtà, però, il caso di Federico II fu particolare: si da giovane parlava l’arabo ed era stato allievo di un sapiente arabo, ricordiamo che all’epoca Palermo era una città islamica, ne rimangono molte testimonianze anche oggi. All’epoca la sua dimestichezza con il mondo islamico era considerata con sospetto, come una nascosta “conversione” all’Islamismo che invece non ci fu mai da parte sua.
In realtà, Federico II di Svevia simbolizza una relazione differente con il mondo islamico, una relazione di contiguità e comprensione, che non implica la mera accettazione. Non solo a livello culturale era influenzato dal mondo islamico, ma pure dalla sua cultura iniziatico-religiosa, come si evince dal simbolismo di Castel del Monte, per esempio.
Con la battaglia di Lèpanto in realtà si chiude la lunga stagione delle Crociate, si è nel secolo XVI e ormai la civiltà mondiale si va lentamente ma inesorabilmente spostando verso l’Atlantico. Le scoperte del Nuovo Mondo hanno alterato tutto. [riferimento all’immagine n°5, la Battaglia di Lepanto]

3. Islamismo radicale. Tutto cambia con la modernità. Infatti, non si deve considerare la lotta che è avvenuta nel mondo moderno come la riedizione delle Crociate: questo è un falso storico, usato per scopi di propaganda dai jihadisti e dalle correnti neocon occidentali. La differenza è profonda e fondamentale: nell’epoca delle Crociate, pur combattendosi, i due contendenti avevano una cultura comune, cosa che nel mondo moderno non esiste più. E’ una differenza radicale cui pochi pensano o sulla quale ben pochi si soffermano.
Quali sono le cause dell’Islamismo radicale, che non è immediatamente la stessa cosa che il jihadismo. Le sue origini sono negli anni tra le due guerre mondiali, soprattutto in Egitto, ma vi sono documentate relazioni con l’Iràn, per esempio al-Afghâni. [immagine n°9 degli anni Sessanta] E’ una tendenza profonda del mondo islamico, ma che non aveva mai avuto l’exploit degli ultimi tempi, grazie al petrolio saudita ed alle armate americane…
La radice profonda della deriva radicale si trova nel fatto che il Corano non è mai stato la fonte immediata e completa della teologia musulmana, come dimostrato da Van Ess3.

4. Jihadismo. Il “jihadismo” è una forma d’Islamismo radicale che predica iljihàd”, la guerra “legale”, cioè “giusta” secondo il concetto cattolico dello “justum bellum”, come unica risposta ai problemi del mondo islamico, nel quadro di un progetto che vede in un – impossibile – ritorno al Califfato lo scopo vero ed ultimo della comunità islamica.
Come si pone questa corrente, così aggressiva, rispetto all’insieme della comunità islamica? Perché, al di sotto ed al di là di tutte le polemiche del momento o di questo o quell’evento più o meno “shockante”, il punto nodale è precisamente questo. Qual è la capacità concreta d’influenzare la comunità islamica da parte di questi gruppi? Ricordiamo che l’Islamismo è plurale per definizione e che mai queste correnti potranno conglobare tutte le forme d’Islamismo, nondimeno questo è il quesito-chiave, un quesito che, sin ora, non ha mai avuto una vera risposta, per errori, attuali come pregressi, da ambedue le parti.
Risponderò brevemente a questa domanda, perché una risposta più articolata ci porterebbe molto lontano, con il passo di un noto studioso: si tratta di una “visione assolutistica [dell’Islamismo] che non vale certamente per tutti i musulmani, ma fa vibrare l’animo di molti”4.

5. Dialogo o qualcosa di più. Ideologie a confronto. A questo quadro di forze che si sono andate strutturando nel corso della storia e che devono interagire senza poter cambiare se stesse, si oppone la necessità del dialogo. Ora, questa necessità è sentita fortemente da chi, nel mondo dell’associazionismo e del volontariato, ha concretamente a che fare con questo problema. Tuttavia, si tratta pur sempre di un’ideologia debole, per molti motivi. Il primo è proprio di tipo storico, questa breve panoramica – sulla quale sarebbe opportuno ritornare – dimostra come la questione sia sedimentata nel corso del tempo e, dunque, assai difficile da modificare. Può solo essere “ammorbidita” e smussata, in effetti il “dialogo” questo è.
Il secondo punto per il quale l’ideologia del dialogo non va e troppo spesso si risolve in una buona educazione ma non un confronto serio, per il quale i due dopo si ritrovino diversi da prima, è che lo status epistemologico del “dialogo” è diverso nei due contesti. In quello occidentale, permeato di cultura greca – che l’Islamismo ha rifiutato da una certa epoca in poi – il “dialogo” è cosa in se stessa “buona” mentre nel mondo islamico non è così. Fondamentalmente, basicamente, all’essenza delle cose, l’Islàm non è interessato a dialogare se non come fatto episodico e cosa strumentale. Dialogano sul serio solo quelle correnti che hanno sottoposto critica certi punti fondanti del messaggio islamico e son giunti – in un modo o nell’altro – a distinguere, seppur non separando, la parte religiosa “strictu sensu” e quella politica.
Solo queste correnti – che esistono – son davvero interessate. Tali correnti esistono davvero, però, oggi, a causa di una situazione politica che ha esaltato la componente distruttiva delle correnti radicali o/e, peggio, jihadiste, le correnti che davvero dialogano sono una parte minoritaria del mondo islamico, minoranza pur presente e che sarebbe sbagliato non considerare. Tal è la situazione al momento, vista in modo realistico. Il problema rimane quello delle scelte generali e fondanti, se, cioè, la via presa dalla deriva tanto “jihadista” quanto neocon sia quella giusta, se non sia il caso di riconsiderare l’intera questione.
La questione ebraica in tutto ciò ha un ruolo legato a quella islamica: si tratta di un cambiamento non da poco rispetto al passato cristiano, dove il Giudaismo è sempre stato visto come nemico del Cristianesimo. E questa è un’altra novità piuttosto rilevante…
Giunti a questo punto, vi sono tre opzioni possibili.
La prima è continuare come ora, cioè vi è un dialogo di facciata, per problemi concreti o politici, nell’ambito di una differenza sostanziale che si fa finta di non vedere, e che viene allargata dai gruppi radicali di ambo le parti, seppur con metodi molto ma molto diversi, uniti, però, nel punto centrale: l’incompatibilità fra Islamismo e modernità, perché di questo si tratta più profondamente.
La seconda strada è quella di approfondire il dialogo, perché non sia solo né buona educazione – “bon ton” come dico – e neppure una mera tolleranza, ma piuttosto un confronto sincero però amichevole, che porti le due parti a comprendersi accettandosi come differenti e tuttavia capaci di vivere assieme, perché questo sarà il nodo decisivo.
Infine, last but not least, vi è una possibilità del tutto incompresa oggi, e cioè di andare oltre il solo dialogo nel senso appena detto, cioè una comprensiva ed intelligente accettazione delle differenze, comprensione senza mescolanza, accettazione senza commistione. La terza possibilità è che esiste “un punto di tangenza” e di sintesi, che, però, sarebbe in tal caso diverso da tutt’e due i componenti l’opposizione che vediamo sotto i nostri occhi. Tale punto non può essere la mera mescolanza ma neppure la sola affermazione delle differenze. in realtà, questa sorta di parola che va oltre i limiti ma che non li abbatte, fu quel che cercò una parte recondita del Medioevo, fu quel che cercò Federico II ed anche quel che consentì ai Templari di poter interagire con taluni settori del mondo islamico senza mescolarvisi.
Che questa possibilità esista è una possibilità concreta, teoricamente. Che debba e possa manifestarsi è, invece, forse una delle più grandi scommesse dell’umanità. Di certo, sarebbe qualcosa di trasformante all’estremo e sulla e della quale non ha senso dare delle immagini, poiché sarebbe davvero “una cosa nuova” sotto il Cielo.

Andrea A. Ianniello



Bibliografia

Atlanti Universali Giunti, Crociate, Giunti 1999
Atlanti Universali Giunti, Islamismo, 2001
Franco Cardini, Il Signore della paura. Tre cavalieri verso la Samarcanda di Tamerlano, Mondatori 2007
David Cook, Storia del jihad. Da Maometto ai nostri giorni, Piccola Biblioteca Einaudi 2007
Riccardo Redaelli, Fondamentalismo islamico, Giunti 2007
Biancameria Scarcia Amoretti, Tolleranza e guerra santa nell’Islam, Sansoni 1974
Josef Van Ess, L’alba della teologia musulmana, Piccola Biblioteca Einaudi 2008
Slavoj Zizek, In difesa delle cause perse, Ponte delle Grazie 2009


NOTE

1 Rimando all’immagine n°7, pagine del Corano. Difatti, come per il Cristianesimo la Manifestazione del Divino è il Cristo, per l’Islamismo lo è il Corano, “Corpo” della Rivelazione e “parola d’Iddio”, Kalimat-ul-Lâh.
2 Biancamaria Scarcia Amoretti, Tolleranza e guerra santa nell’Islam, Sansoni 1974, p. 24.
3 Cfr., Van Ess, L’alba della teologia musulmana, Piccola Biblioteca Einaudi 2008, pp. 108-109 [immagine n°8, passo da Van Ess] Sul concetto di “eresia” nel mondo islamico, cfr. ibid., 28.
4 D. Cook, Storia del jihad. Da Maometto ai nostri giorni, Piccola Biblioteca Einaudi 2007, p. 243 [immagine n°10, passo da Cook]


IMMAGINI SCELTE (non presenti qui) 

Immagine 1, Islamici invadono la Spagna

Immagine 2, Crociati invadono Gerusalemme

Immagine 3, Cavalieri teutonici

Immagine 4, Federico II e il Sultano al-Kamil a Gerusalemnme

Immagine 5, la Battaglia di Lepanto

Immagine 6, Ingresso trionfale di Tamerlano a Samarcanda

Immagine 7, Pagina dal Corano

Immagine 8, Passo da Van Ess, libro citato in Bibliografia

Immagine 9, Gruppi armati pakistani

Immagine 10, Passi da Cook, libro citato in Bibliografia



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