martedì 18 marzo 2014

“NAZIONALISMO ETNICISTICO E GLOBALIZZAZIONE”

“NAZIONALISMO ETNICISTICO E GLOBALIZZAZIONE”





Il nazionalismo “etnicistico”, à la russe, eurasista, non è un’alternativa alla globalizzazione, anzi le due cose vanno di pari passo. 

E l’amicizia fra Putin e Berlusconi è un segno chiaro, come a dire che il dominio più che ventennale delle forze dellaglobalizzazionein Occidente, e poi nel mondo, e il risorto nazionalismo nelle sue più camaleontiche becere forme non sono affatto contrari, come invece potrebbe apparire agli osservatori superficiali. 

Né si dica della Germania, ché se solo Berlusconi avesse fatto qualche cambiamento nel Secondo Ventennio, alla Germania non sarebbe stato consentito di agire come cavallo di Troia, cavallo di Troia che la Germania è stata per l’intera Europa, Europa che ha indebolito da dentro e dall’interno, e dunque ha svolto questo suo ruolo non solo per l’Italia o la Grecia. 

Il che non significa per nulla che “la Russia” ed il suo risorto revanscismo nazionalistico – da me individuato già ben 11 anni fa1 – sia “nel giusto”, come troppi oggi, scopertisi improvvisamente “legalisti”, amano pensare. 
 
Questo mondo si è retto sull’Occidente globalista mente i “Bric” (à brac) si nazionalizzavano e, con l’aiuto delle forze religiose, prendevano la via del nazionalismo “etnicistico”, “trono ed altare” in salsa diversa, un po’ “à l’iranienne” ma molto meno violentemente: negli anni Settanta la situazione non era ancora matura per un pieno “ritorno al passato”, una “restaurazione” come si dice in politica, solo che il vero “Ritorno” è ben altra cosa: ma si deve aver vista lunga per capirlo, e star poco appresso alle tonnellate di parole che svolazzano, tanto più imperiose quanto più impotenti, per il mondo del “segui la tua passioncella”. 

Insomma, in due parole: senza la globalizzazione il nazionalismo etnicista non sarebbe apparso come una soluzione all’evidente dissoluzione cui ha portato la globalizzazione stessa.   Se, peraltro, la Russia crollasse o ricattasse economicamente, se lo scopo fosse quello, Obama intereverrebbe bloccando le Borse - e si passerebbe alla parità aurea - è un piano già scritto2
 
Allora il “Che fare” (Cto deljat’) rimane importante, ma passa per un “mythos”. 
Il “mythos3 non può essere altro che quello che sa porre insieme delle differenze4. Quindi non si passa dallo stato-nazione in crisi a strutture sovranazionali tranne che di tipo economico. Il nodo è oggi che pienamente internazionali sono le grandi concentrazioni finanziarie

Esse, di fatto, sono le sole internazionali oggi, dunque godono di un vantaggio strategico fondamentale, e, per quanto il loro dominio sia necessariamente dissolvente, il vantaggio non per questo sparisce, perché si manifesta sul campo, non nelle belle teorie. Non nei desideri. 

Da un lato un sol gruppo è internazionalista ed internazionalizzato, e dall’altro tanti - per non dir tutti - sono chiusi nei loro interessi e tentano di affermarsi nel sordo, glaciale mercato globale. 
 
Questo è il meccanismo di pensiero, che quindi fa inevitabilmente apparire le varie forme di nazionalismo - che non possono che essere in conflitto poiché portatrici d’interessi contrari - come una apparente soluzione alla dissoluzione in atto, dissoluzione nata dal fatto che un sol gruppo è internazionalizzato pienamente e dunque non trova nessun argine alla sua azione

Quel che quindi accade è che l’unico gruppo che è davvero internazionalista, con il “divide et impera”, pone i vari nazionalismi in conflitto, ben sapendo che nessuno di essi ha la visione sistemica
 
Partiamo, invece, dalle “regioni storiche”, non le costruzioni fasulle come la “Padania”, che non esiste, esiste la regione storica dell’Italia del Nord, questo sì, ma non la “Padania”. Dalle regioni storiche allo stato sovranazionale, le regioni storiche sono inserite in vere Federazioni, che possono essere le eredi degli ex-stati nazionali. Ma non si passa dallo stato nazionale a quello sovra-nazionale, salvo in economia; si passa invece dalle regioni storiche allo stato sovra-nazionale. 

Quel che tutti i cosiddetti “autonomisti” non han capito – non possono a causa delle basi del loro “pensiero”, ammesso che ve ne sia – è che una regione storica può trovare il suo posto solo e soltanto in un organismo sovranazionale. Com’era nel Medioevo.

Non esiste il passaggio nazione sovra-nazione, esiste solo il passaggio, dissolvente e discensivo, dalla nazione alle grosse organizzazioni economiche sovranazionali senza volto, ovvero la globalizzazione. Poi questo va applicato al mondo intero
 
In tal modo, nazioni troppo grosse come Russia, Usa, Cina, India, Iran, Germania in Europa, saran divise secondo le loro regioni storiche costitutive, in un ambito realmente federativo manterranno lo stato nazionale, ma saranno le regioni storiche che eleggeranno i Parlamenti o altre forme che costituiranno lo stato sovra-nazionale

In tal modo, si superano divisioni etnico-religiose, come quella che impedisce ad India e Pakistan di unirsi perché lì la vera questione è religiosa. 

Chiaro che il Medio Oriente si dovrà interamente ristrutturare e la Russia dovrà in qualche modo cambiare, infatti mantiene lo status quo assieme agli Usa. 

Cioè per fare una cosa, ne devi fare un’altra prima, ed anche per fare la prima – quella che dà inizio alla serie di eventi – ne devi porre in moto altri. La cosa è dunque complessa. 
 
Per concludere: nell’epoca della globalizzazione la società ha seguito le sue passioni e si è disfatta. Le forze stesse che hanno guidato la globalizzazione hanno distrutto il legame sociale in Occidente e sono le stesse che stimolano il nazionalismo come falsa risposta

Non vi è una globalizzazione utopica, c’è solo la globalizzazione reale.  

Essere contro il nazionalismo imperante implica dover liberarsi dei gruppi di potere che han gestito e generato la globalizzazione. Tra le due cose ci è contiguità diretta. 

 Il legame sociale è stato distrutto in Occidente più che altrove, con la complicità delle masse5, il cui ruolo usurpato è stato portato avanti da quelle stesse forze che hanno distrutto dall’interno l’Occidente, divenuto indecente, per mezzo della globalizzazione, classica “vittoria di Pirro”, la quale ha aperto le Porte del cosiddetto vincitore. 




NOTE
 
1 Cfr. http://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2014/03/05/il-libretto-nero-il-caffe-30-dicembre-2003-anno-vi-n-48-274/. Putin ha assicurato all’Occidente una Monaco 1938, ma non per un paese islamico (anche se, in effetti, questo è già successo), ma per uno slavo. Chi mai farebbe guerra per l’Ucraina? Soprattutto quando ci sono interessi economici giganteschi? Eppure, a “naso” le cose andranno diversamente da ciò che tutti gli attori e “decisori” in campo credono e pensano. 
 
2 Lo si legge, come mera “ipotesi” (ma non è detto non sia un “insider” che lasci trapelare le cose, il che accade più spesso di quel che non si pensi), in L. Ciarrocca, I padroni del mondo. Come la cupola della finanza mondiale decide il destino dei governi e delle popolazioni, Chiare Lettere edizioni, Milano 2013. Naturalmente l’autore citato non manca di lasciarsi andare a tutto l’armamentario d’ipotesi e di proteste cui ci si dà oggi, tutte cose nate da un punto di vista errato, che pretende di “criticare” e pure di far parte dello stesso sistema. Il che non toglie che la “dritta” sia interessante. 
 
3 Crf. http://associazione-federicoii.blogspot.it/2014/03/la-sinistra-divina-baudrillard-ed-il.html. 
 
4 Una “traccia” - da non interpretarsi letteralmente, ma solo un modello – è quello dell’ Imperium medioevale, che sapeva porre insieme forme politiche molto differenti ed autonomie, tenute insieme da un’idea non da una struttura politico-statale. Direi “Kaisertum ohne Kaiser”, Imperium sine Imperatore, Empire without Emperor, Empire sans Empéreur, Impero senza imperatore, così si va contro anche la “destra rattrappita” ed il suo vieto risibile anti-mito del “capo”, in Italia sempre un individuo mediocrissimo, che “gode” di quella bassa sottomissione servile, tipicamente italiana peraltro. Rimane sempre decisivo questo: se si è in grado di rispondere alla domanda contenuta nell’intervista di Marco Capuzzo Dolcetta qui, http://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2013/09/11/breviario-di-metapolitica-con-un-prologo-su-federico-ii-di-svevia/, dopo il Prologo su Federico II di Svevia, di conseguenza – di conseguenza – si può pensare ad una “posizione” cosiddetta “politica” e non polli-ti-ca, si può essere politici senza esser polli. In ogni caso contrario, si prende posizione su di una tavolozza già costruita, e costruita “ad arte” per preservare “certe” forze ed il loro “globale” dominio. Spiace dirlo ma così è, e a nulla valgono gli stimoli “all’impegno”, che ci sono perché i “manipolatori della mente collettiva” ben sanno che sempre di più han “mangiato la foglia”, come suol dirsi, e cioè, nel subconscio, noi non siamo convinti, nessuno è davvero convinto. I conti non tornano, troppo manipolato è il gioco. E quindi la tendenza è, in assenza di soluzioni proposte, il chiudersi in se stessi. Ed allora tutta ‘sta manfrina della partecipazione laddove non c’è posta in gioco. Ed ecco il social network, “grossa” grassa invenzione perché vi fosse un simulacro di partecipazione. Una interessante riflessione su questi temi è in questo link: http://www.scribd.com/doc/171819787/Tre-Sfumature-di-Blu-Trafalgar-Square.

5 Cfr. http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/01/enrico-fortuna-leta-delle-masse.html. Si vedano anche molte cose scritte, anche sulla Germania, da Fortunia stesso (si tratta di E. Fortunia, non di Fortuna, è un refuso dunque nel link appena riportato): ma il discorso ci porterebbe troppo lontano. Fortunia, infatti, ci parla della “lotta spirituale” che sta dietro le lotte di “questo mondo”, ma la cosa implica tutta una visione che non si può né dire né dare in due parole. Al contrario, qui chi scrive si pone su di un piano squisitamente pratico
 




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