venerdì 20 gennaio 2017

Sul “katèchôn”, un riferimento



Sul “katèchôn” e uno scritto del 2013 di Cacciari, a tal proposito, cfr. in “Tre Sfumature di Blu Trafalgar Square”, la nota n°15 
 a pie’ pagina. 




 

“Attenti a Voi” (“Woe to You”)







Attenti a voi, o “cavalcatori di tigri”, nei vostri giochetti evocativi e più o meno realmente ermetici[1]!

Che giocando giocando, la tigre non vi mangi!!

Che giocando giocando, non evochiate qualcosa che non siate più in grado di controllare …


E fu illo tempore emesso un “Attenzione” su/in cotesto blog … Ma, si sa, l’ apprenti sorcier non impara mai



“L’Apprenti Sorcier”
https://www.youtube.com/watch?v=ELC1vzm0NXE

E dunque, all’Or … :


The Number of the Beast

https://www.youtube.com/watch?v=9eg8HkSzjBo


Woe to you O Earth and Sea

https://www.youtube.com/watch?v=cQYZyIgDHcc









[1]  Peggio se realipeggio … 




‘LA RELAZIONE TRA “CENTRO” E “PERIFERIE”, AL CENTRO (E NON IN PERIFERIA) DEL DIBATTITO ATTUALE … MA … MAH!!’





Il dibattito attuale – sulla crescentemente destabilizzata relazione fra “il” centro” e “le” periferie – non ha alcun senso, salvo che lo s’inserisca dentro un capitolo ben preciso ed altamente significativo: la “crisi della globalizzazione”, alias la “fine del System della Grande Prostituta”. 
Ma – si badi bene – può essere davvero la fine della “Grande Prostituta” (“G.P.”) se e solo se la “crisi della globalizzazione” diventi effettivamente la fine della globalizzazione.
Vi son segni chiari di tutto ciò, manca però ancora il compimento di un movimento in realtà nato nel 2008, lo si è detto – tra le righe – varie volte in e su cotesto blog.


Ed allora, dentro questo quadro, vi è il sottocapitolo – soprattutto urbanistico – della relazione fra “il” centro e “le” periferie, per definizione plurali.


Questo però, a sua volta, non fa un passo avanti se non si chiarisca un punto decisivo: la confusione tra periferie e marginalità. Quando e come le periferie sono diventate marginali
E perché precisamente?

Vi son posti marginali – o a forte rischio di marginalità – per lunga consuetudine, divenuta abitudine, Caserta n’è un classico esempio, quello delle “città satelliti”, marginali per definizione, rispetto ad un grande centro, con la “grave aggravante”, però, di aver scelto e gradito ed abbracciato il ruolo della marginalità stessa, che diventa uno stato d’animo. Davvero è divertente – si fa per dire … -  che piani di “sviluppo” siano dati a quei “ceti dirigenti” che hanno costruito la loro carriera sulla marginalità, e che solo e soltanto nella marginalità potevano prosperare.


Le periferie – dunque – possono essere “centro” della storia?, del movimento storico stesso?

Possibilissimo senza dubbio, ed il caso di Gesù - “un ebreo marginale” recita il sottotitolo di un noto libro su di lui (di Meyer) - lo dimostra senz’alcun dubbio e per sovrammercato.


Ma solo e soltanto ad una condizione: quella di esser propositivi (e positivi) per così dire “in proprio”, di rappresentare qualcosa di significativo “in quanto tale”, ovvero di non essere “a ruota” di nessun altro.
Questo è valido per i piccoli centri “marginali” – o “marginalizzati”, anche volontariamente, il caso peggiore – così come per le periferie della grandi città, Napoli o Roma o Milano; ed altrettanto ciò è vero per le “periferie del mondo”. Finché seguiranno i passi altrui, finché cammineranno in orme più grandi di loro, giocheranno ad un gioco nel quale son perdenti, per principio. Non ha nessun senso fare cose che si fanno meglio altrove. Ha senso fare cose che altrove non si fanno, allora sì.

Ma si necessita di visione
Piccolo ed antipatico particolare …


Andrea A. Ianniello





mercoledì 4 gennaio 2017

Reminder 1: ‘Sul “Trittico dell’Epifania - L’Adorazione dei Magi” di Jeroen Bosch - Museo del Prado, Madrid’






In relazione al vecchio post (‘Sul “Trittico dell’Epifania - L’Adorazione dei Magi” di Jeroen Bosch - Museo del Prado, Madrid’, su questo blog al link: http://associazione-federicoii.blogspot.it/2016/01/sul-trittico-dellepifania-ladorazione.html), al punto in cui – la parte finale del passo relativo alla nota (3) – si dice che i Magi torneranno (“forse”) ad adorare il falso Messia, l’Anticristo”: qui occorre dire che la leggenda si sarebbe impadronito della figura dei Tre Re Magi, ricollegandone il “lato d’ombra” all’Anticristo, la cui miglior raffigurazione rimane quella di Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio del Duomo d’Orvieto (in nota un particolare)[1].
“L’intimismo spirituale di queste opere [qui l’a. citato si riferisce a Botticelli, Perugino e la “Pietà” di Michelangelo]. A Orvieto, nel 1499, viene commissionato a Luca Signorelli il completamento di una cappella del duomo, iniziata cinquant’anni prima dal Beato Angelico ma ancora quasi tutta da fare. Il tema apocalittico, che si sviluppa in scene raffiguranti la Predicazione dell’Anticristo, la Risurrezione dei morti, il Giudizio Universale [che influenzerà, si sa, lo stesso “Giudizio Universale” di Michelangelo della Cappella Sistina] e i Dannati consegnati all’inferno, permette al pittore di evocare la coeva drammatica situazione dell’Italia, dive invasioni, guerre interne e abusi della chiesa sembrano preannunciare la fine del mondo. Commissionata ad appena un anno dalla condanna a morte di Savonarola (arso al rogo a Firenze nel maggio del 1498), la Predicazione dell’Anticristo potrebbe alludere all’accusa d’eresia rivolta al celebre predicatore domenicano, ma è anche possibile che alluda agli eccessi e agli scandali della Roma papale. Le figure concitate a destra e a sinistra dell’Anticristo e il grande tempio sullo sfondo sembrano derivare dall’affresco di Perugino per la Cappella Sistina [voluta da Sisto IV], di diciassette anni prima, la Consegna delle chiavi a San Pietro (che Signorelli conosceva bene, essendo stato anche lui membro del gruppo chiamato a decorare la cappella). Ma al posto dell’ordine sereno del tempo di Sisto IV, qui, in pieno papato Borgia, vediamo un mondo sull’orlo del baratro e una chiesa affascinata dal delegato di Satana. Era la fine di un’epoca”[2].
Se uno volesse porre una data della fine – chiaramente symbolica – del Medioevo, sarebbe il 1498 e non il 1492, in quanto termina l’uso medioevale del parlar chiaro, dell’attacco diretto anche ai pontefici: d’allora in poi, in nome della famosa “libertà dei moderni”, la libertà diminuì e regimi sempre più accentrati, anche per far fronte alla crisi, presero forma. Tra l’altro, vi è la “Salita dei Borgia” a Roma e porta vicino a San Pietro in Vincoli, dov’è la tomba di Giulio II Della Rovere, con il “Mosè” di Michelangelo. La Salita dei Borgia, tra l’altro luogo di leggende popolari[3], facendola in senso discendente (in senso ascendente porta alla piazza antistante San Pietro in Vincoli, appunto), porta ad una via che. Svoltando a destra per prendere la fermata “Cavour” della metro B di Roma, si giunge ad un posto molto famoso ultimamente: la “Subburra”, con in un lato lo stemma proprio di Alessandro VI Borgia, e la scritta “Subura”, con una “ere”.





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Copertina di un libro di venti anni fa, relativo ai Re Magi:
M. Centini, La vera storia dei Re Magi. Dall’Oriente alla ricerca del Re Bambino, Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL) 1997.







Cf. ivi, pp. 60-61, sulla vexata quaestio
del Mons Victorialis.




Cf. vi, pp. 62-63, sempre sulla stessa quaestio.



Sempre di vent’anni fa, ricorderei quest’altro testo, soprattutto dove parla della “peste spirituale”che “infetterà l’Europa” e ricorda qualche passo dell’articolo “Sul significato delle feste carnevalesche” di Guénon (oggi cap. XXI di R. Guénon, Simboli della scienza sacra, Adelphi Edizioni, Milano 1975, pp. 132-135, ripubblicato nella collezione “Gli Adelphi” (quarta edizione) sempre vent’anni fa, nel 1997):
G. Meyrink, Il Domenicano bianco, Tre Editori, Roma 1997. 
Qui si parla di “larve” – come Guénon nell’articolo già citato – ed è interessante che in “Gremlins 2. La nuova stirpe”, di Joe Dante, del 1990, l’imprenditore della “torre” sia Daniel Clamp, chiaro riferimento a Donald Trump, oggi presidente degli USA. Una serie di “larve”, per l’appunto, invade N. Y. City, salvata da Clamp alias Trump. L’humour del film è quasi una parodia, a differenza da “Gremlins”, il primo della serie (sembra dovesse essercene un terzo episodio, ma che non ha mai visto la luce), ma le “larve” sottili sono ben meno “parodiche” di quel che quel vecchio film faceva intendere. Diciamo che rifletteva un’età meno cupa …

Copertina edizione di Simboli della scienza sacra ne “Gli Adelphi”, vent’anni fa: 




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Un testo dell’anno scorso, interessante – che traduce in italiano due racconti di London per l’anniversario (passato sotto silenzio) della scomparsa, 1916), rispettivamente del 1912, il primo, e del 1910, il secondo, è:
J. London, La peste scarlatta, Edizioni di AR, Padova 2016.
Nel primo racconto (“La peste scarlatta”, che dà il nome a tutto il libretto) s’immagina una malattia che, nel 2073, pone termine alla civiltà come la conosciamo e pochi salvano qualcosa della precedente civiltà, mentre il grosso dei sopravvissuti regredisce ad uno stato selvaggio così come la stessa natura. Interessante l’immagine della società poco prima della “fine”, dominata da un’aristocrazia del denaro composta di “magnati”: diciamo che ciò era visibilissimo all’epoca di London, nei primi decenni del XX secolo, poi si è mascherato, per esplodere poi all’inizio del XXI secolo, che si dimostra ben più l’anagramma del XIX che il superamento dei problemi del XX. Il “governo dell’1%” di Trump non è altro che la piena emersione di tutto ciò. L’1% dimostra di saper ascoltare i lamenti delle classi medie impoverite e della classe operaia divenuta marginale ben più di ogni “sinistra” di “sinistrati” mentali, ormai fuori del mondo e che non capiscono nulla essendosi allineati sul neoliberismo ma mai immaginando che gli stessi neoliberisti potessero dar loro il ben servito qualora n fossero più utili. L’1% sa dare latorem et circenses, a variante attuale del classico panem et circenses … E lo sa dare sul serio, ma lo scopo è mantenere il consenso attorno all’1% …
Il secondo racconto, invece, è notevole: vi s’immagina la Cina divenuta potente, e in un anno non casuale, il 1976 – tra l’altro, anno della scomparsa di Mao Zedong [Tse-tung], altro anniversario passato sotto silenzio -, la tensione fra Cina e resto del mondo raggiunge un livello estremo. London immaginava due cose: che l’Impero cinese restasse in piedi, e fosse occidentalizzata sull’esempio del Giappone, come poi non è stato, e il percorso è stato tortuoso perché ciò accadesse[4]. Tuttavia, l’esecutore testamentario di quelle cose è stato . in un contesto ed in un’epoca radicalmente differenti – Deng Xiaoping, tra l’altro del Sichuan[5].
Un passo dal detto libro di London parrebbe essere stato preveggente: “La rapida e notevole ascesa della Cina fu conseguenza, forse più di ogni altro fattore, della qualità eccellente della sua forza-lavoro. Il cinese era il tipo perfetto del lavoratore industriale e lo era da sempre. Quanto alla pura e semplice capacità lavorativa nessun altro lavoratore al mondo poteva stargli alla pari. Il lavoro era l’aria che respirava. Per lui era l’equivalente di ciò che, per altri popoli, rappresentavano i viaggi e i combattimenti in terre remote e l’avventura spirituale. La coltivazione della terra e il lavoro incessante erano tutto ciò che egli chiedeva dalla vita e dalle potenze che ne avevano il controllo. E il risveglio della Cina aveva consentito alla sua enorme popolazione di poter disporre senza limiti di mezzi di produzione, anche di quelli più avanzati e scientifici. La Cina era ringiovanita! Ancora un passo e sarebbe divenuta incontrollabile” (J. London, La peste scarlatta, cit., p. 83, corsivi miei).











[1]  Cfr. https://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2014/09/24/particolare-link-da-un-blog-il-diavolo-sussurra-nellorecchio-dellanticristo-le-parole-che-daranno-inizio-allesplosione-del-mondo/.

[2]  T. Verdon, Breve storia dell’arte cristiana, Editrice Queriniana, Brescia 2012, pp. 157-158, corsivi in originale.

[3]  Cfr. http://www.prolocoroma.it/salita-dei-borgia-luogo-di-leggende-popolari/.

[4]  Cfr. J. Chesneaux, La Cina contemporanea. Storia documentaria dal 1898 ai nostri giorni, Laterza, Roma-Bari 1975, vol. I, Parte prima: “Esiste per la Cina una ‘via giapponese’?”, pp. 2-92. Ovviamente, la Cina “contemporanea” di ben quarantadue anni fa non è certo più la Cina contemporanea di oggi …

[5]  Cfr. ivi, vol. I, Parte prima, cap. 11: “Cospiratori del Sichuan verso la fine dell’Impero”, pp. 87-92.
Copertina del libro appena citato: