lunedì 26 giugno 2017

“… per mezzo dell’innocenza divenuta cosciente” …





Vi è un passo interessante, a mio avviso degno d’esser meditato, e, senz’altro, profondamente meditato.  

La storia inizia quando “Cecio” (= Her-Bak) – l’insieme dei fatti è lungo a riassumersi – attraversa una crisi, per vari motivi, e decide, dunque, di salire sulla “Cima”, un’altura – in antico Egitto -, di costa dalla fertile valle del Nilo, sulla quale si dice “risieda” la “dea”. Egli ricerca la “visione” della “dea”, della cui esistenza dubita. Si chiede se credere o dubitare, e sente paura …
Questo l’antefatto, rozzamente sunteggiato …
Veniamo dunque a noi.

“La paura è svanita. Cecio si ritira, si scuote; se osasse, canterebbe di gioia! Cosa non farebbe in questo momento! Ode un mormorio salire dalle profondità, un mormorio che diventa un richiamo sempre più forte … E’ una voce umana: da dove viene? Cecio resta in ascolto, questa volta senza paura; orientandosi, riesce a capire che la voce arriva dal fondo di una gola, nella valle dei morti, a poca distanza da lì.
Si arrampica nel buio, con circospezione, tastando il terreno prima di avanzare, ed ecco, a pochi palmi da lui, aprirsi il vuoto!
Il lamento supplichevole si fa più distinto.
Con le mani alla bocca per amplificare la voce, Cecio grida: ‘Chi sei?’. La sua voce, in quella gola, sembra venire dalle profondità di un sepolcro, e un’eco ripete di roccia in roccia: ‘Chi sei?’.
Cecio insiste: ‘Parla! Come ti chiami?’.
Gli ritorna una risposta vibrante di speranza: ‘O Dea, dègnati d’ascoltarmi! Io sono Pantha, il venditore di profumi, e son qui per implorarti!’.
Dall’alto la voce risuona di nuovo: ‘Tu, Pantha, si sa bene chi sei. Sei un ladro. Tu trucchi la bilancia e falsifichi le essenze: che cosa puoi aspettarti?’.
L’eco rende quelle parole soprannaturali; laggiù il pellegrino trema d’emozione: ‘O Dea, se tu compi il miracolo, farò le cose giuste: l’olio di ben sarà l’olio di ben, e la mia bilancia sarà quella di Maât [la dea della giustizia dell’antico Egitto]!’.
Il pellegrino che sta in alto, sentendo la promessa del pellegrino che sta in basso, viene invaso da una gioia infinita. E grida con voce più forte: ‘Qual è la tua richiesta?’.
‘O Dea, esaudiscimi: da tempo uno spirito maligno ha preso di mira la mia gamba, e sono zoppo dal gran dolore. O Dea, liberami da questo male!’.
In alto, il pellegrino si trova in grave imbarazzo! Ma, in fondo, perché non rischiare con un ladro del genere? La farsa è innocente …
Non resiste, e declama l’oracolo: ‘Guarire dipende solo da te: se i tuoi proponimenti non son bugiardi, potrai correre come una gazzella!… ’.
Silenzio …
Poi si leva un urlo di gioia; la voce che grida è rotta d’emozione: ‘Potentissima Dea, la mia gamba è guarita! Hai fatto il miracolo … Cammino … cammino!’.
Lassù, il pellegrino sbalordito trattiene il respiro … E’ mai possibile? Ancora una volta tutto ciò che ha capito ne resta travolto. Un miracolo? … E quell’altro laggiù che crede nella Dea! Se sapesse la verità … Cecio sente un rimorso: è stato un inganno? Certo, è l’altro che se l’è voluto! Però non può sopportare quella menzogna, e si china per gridare la verità.
Ma, nella notte, davanti ai suoi occhi compare un’immagine: è il volto di ‘Colui-che-sa’, il quale lo guarda e, col dito sulle labbra, gli impone il silenzio … ‘E’ forse un sogno?’.
Il bambino, immobile, lascia che il miraggio svanisca: chiude gli occhi e resta in ascolto. Egli obbedisce al sogno di Saggezza che gli suggerisce: ‘Che importanza ha la causa del prodigio, dal momento che ha raggiunto il cuore e la gamba del ladro? […] D’altra parte: qual è il prodigio più grande: guarire uno zoppo, o gettar luce sulla vanità di un’intelligenza nascente tramite l’innocenza divenuta cosciente?’.
Lassù, il pellegrino si addormenta con un sorriso sulle labbra”[1]







[1] I. Schwaller de Lubicz, Her-Bak (Cecio), L’Ottava Edizioni, Milano 1985, pp. 225-226, corsivi in originale. 











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